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                  Sara' demolito l'impianto per la macinazione del serpentino 
                  La struttura, di propriett della Viti escavazioni, era accusata dagli abitanti di Senato di liberare nell'aria e nelle falde acquifere ingenti quantitt di amianto.                    
                    
                    
                      
                           
                          
                             
                      
                      
                      
                      Lerici -
                      
                       Ha inquinato per più di vent’anni ma adesso, per l’impianto della Viti escavazioni in località Senato, provincia della Spezia, arriva l’ordine di demolizione. La vicenda è legata all’estrazione e alla macinazione di una roccia, il serpentino, che contiene quantità significative di amianto. La pericolosa sostanza è stata diffusa nell’aria e nei fanghi per anni prima che le pressioni degli abitanti della zona cominciassero ad attirare l’attenzione dei Comuni interessati e della magistratura.  
 
Si è costituito un comitato cittadino che ha aderito all’associazione Esposti all’amianto e che ha tra i suoi obiettivi la richiesta di una seria indagine epidemiologica nella zona, l’iscrizione dei residenti nel registro degli esposti all’amianto e la bonifica dei siti legati alle produzioni. La notizia dell’ordine di demolizione, ha detto barbara fidanza del Comitato Vivere il parco, non può farci che piacere, anche se - probabilmente - gli impianti rimarranno in piedi ancora a lungo. Già più di vent’anni fa infatti, i lavori edilizi dell’impresa erano stati dichiarati abusivi e nessuno per tutto questo tempo è intervento. Proprio in questi giorni davanti al TAR di Genova, si discute del ricorso contro l’atto che ha negato il condono alle opere della Viti escavazioni.
Tra sequestri e dissequestri, tra esposti al tribunale e ordinanze comunali resta il danno alla salute e all’ambiente lamentato dagli abitanti di Senato di Lerici: una polvere che si deposita sulle case e sui campi che circondano l’impianto di lavorazione, causando tra l’altro non pochi danni economici alle aziende agricole che si sono viste revocare il certificato di coltivazioni biologiche. 
 
 
Fabio Nardini   | 
                     
                     
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